Qual è quel luogo dove chiunque, da solo e a qualsiasi età, può creare nuova vita? Qual è quel luogo dove anche il gesto liberatorio di distruggere è benefico e serve a rigenerare? E qual è quel luogo in cui tutti possiamo sentirci capaci se semplicemente sappiamo aspettare?
La risposta è il giardino. E l’ho visto sotto questa luce leggendo un libro di quelli che ti cambiano il modo di guardare le cose. ‘Coltivare il giardino della mente’, s’intitola. Sue Stuart- Smith, psichiatra inglese e moglie di un paesaggista, racconta le storie di studenti, anziani, depressi, carcerati, emarginati che ritrovano se stessi coltivando piante (in Gran Bretagna il giardinaggio è una terapia usata comunemente). Il giardino, spiega l’autrice, insegna che “il cambiamento e il rinnovamento sono possibili e si può contribuire alla crescita di qualcosa”.
Letto fatto, ho comprato una simbolica bustina di semi (papaveri e fiordalisi). «Vai in garage a prendere la terra», mi ha detto il marito giardiniere dandomi una paletta. Così ho scoperto che nel nostro garage, insieme a 6 biciclette, una poltrona blu gemella di quelle del salotto, svariati lampadari dismessi e un paio di casette delle bambole c’è uno scaffale attrezzato con vasconi di ghiaia, argilla espansa, sabbia, terra. Che io non avevo mai visto! Ho tuffato la paletta e l’odore della Terra mi ha subito catturata (sue stuart-smith spiega scientificamente che quell’odore piace a tutti gli esseri umani) e ho fatto il mio primo micro atto di giardinaggio: seminare e mettermi in attesa. «Tra quanto fioriranno?», ho chiesto. «Se va bene germogliano fra due settimane», ha risposto lui ridendo.
Chissà se imparerò ad aspettare i tempi della natura e se il giardinaggio smetterà di farmi paura – temo di non saper dare l’attenzione totale e la mente sgombra che chiede – ma un paio di cose le ho capite. La profonda verità del messaggio di Sue Stuart-Smith: nel giardino si coltiva il proprio sé perché si fa esperienza di “essere causa” di qualcosa che sboccia. La seconda è che dovremmo iniziare anche noi, come gli inglesi, a usare d’abitudine il giardinaggio a mo’ di ‘cura’ della mente, un equivalente dell’andare in palestra per tenersi in forma.
Ah, ho capito un’altra cosa: che nessun luogo quanto il garage racconta il nostro stile di vita... Ma questa è un’altra storia, e ve la racconterò una prossima volta.
Francesca Magni [Il Direttore]
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