Qualche estate fa affittammo una casa in Irlanda: la mattina i nostri figli andavano a scuola d’inglese e il pomeriggio giravamo tra fiordi, pecore, antichi ‘manor’, torrenti coi salmoni (sì, li ho visti saltare risalendo la cascata!) e corse di pony. La casa era un cottage, la famiglia che lo abitava ci lasciò tutto, gli armadi con i vestiti, l’attrezzatura di cucina e l’orto, che venivano a curare come elfi quando noi eravamo fuori.
L’unico che non se n’era andato era il gatto, chiaramente non condivideva la scelta dei suoi ‘umani’ di affittare su Airbnb. Saldamente installato nel cottage, ci espresse il suo punto di vista lasciando i suoi bisogni ogni giorno su una poltrona diversa... Mio marito lo gettava platealmente dalla finestra (tranquilli, era alta meno di un metro ed era del tipo, stupendo, che si apre sollevando il vetro!), eppure fu proprio il felino proprietario a farmi cogliere il valore di quel tipo di vacanza: Abitavamo nella casa di altri, e in un certo senso un po’ anche nella loro vita! conoscete un brivido più speciale di questo?
Avevano dedicato una stanza a lavanderia e ‘mud room’ per gli stivali (un’idea che vorrei copiare in una futura casa in campagna), i pavimenti erano di un legno che sfoggiava graffi senza le paranoie che ci facciamo noi, i figli avevano dipinto paesaggi marini sulle pareti della camera, c’erano stufette in ghisa in cui bruciare torba, meraviglioso conforto nelle sere d’Irlanda; la cucina era tutta a vista con le pentole appese a una sbarra anziché a occupare armadietti, e le posate erano un mix di vecchi pezzi spaiati che tornata a Milano replicai subito. Oltre a segnare la statura dei figli sullo stipite della porta d’ingresso, i padroni studiavano musica celtica, ma il pianoforte irlandese si adattò ad accompagnarci nelle canzoni napoletane con cui eravamo in fissa quell’estate.
Era una casa di una bellezza semplicissima, nulla di costoso, nulla di pretenzioso, ‘ruvida’, essenziale e diretta, come immagini debba essere chi vive in climi sferzati da pioggia e vento. Il cottage fu parte del viaggio: ci fece cogliere qualcosa di autentico del vivere nel Connemara meglio di qualsiasi gita turistica. Con quello spirito ho scelto le case di questo numero d’agosto: lontane ma non esotiche, belle ma non lussuose, case estive vere, da ‘abitare’ con gli occhi sfogliando il giornale. Per conoscere, attraverso gli interni, i paesi in cui si trovano e la gente che ci vive. In fondo anche questo è viaggiare..
Francesca [Il Direttore]
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