Francesca, autrice di The Bluebird Kitchen, ha rivoluzionato la sua vita a piccoli passi, rendendola più sostenibile. Il suo consiglio? «Non ambite alla perfezione, e mettete in discussione il “si è sempre fatto così”»...
Se ti dico Good Living a cosa pensi?
Penso all’equilibrio, al trovare quella ricetta speciale che ognuno di noi ha per riuscire a vivere una vita che ci appaghi, cercando di ritrovare il nostro tempo e ritmo naturale che non sempre coincide con quello che la società ci impone. È un impegno costante che ci permette di vivere il nostro tempo pienamente e in modo sereno.
Quando hai scelto questo stile di vita più consapevole?
Non c’è stato un momento preciso, è stato più che altro un percorso, un processo lento e costante che mi ha fatto capire che quello che reputavo ‘normale’ in realtà non lo era, o per lo meno, non per me. Non si adattava ai miei valori, al mio modo di vedere il mondo. Da quel momento ho iniziato a lavorare su me stessa e sulle situazioni attorno a me, in modo da riuscire a costruire ogni giorno la ‘mia normalità’.
C’è qualcosa a cui hai rinunciato per questo stile di vita?
Ho sempre cercato un approccio positivo al cambiamento vivendolo non come privazione di qualcosa ma come possibilità di qualcosa di nuovo. Non tutte le soluzioni alternative che ho provato si adattavano a me, perché magari troppo ‘estreme’ in quel momento o non idonee alla praticità del quotidiano, però ho sempre cercato quell’equilibrio e quel percorso che penso sia alla base della crescita.
Le persone che ti circondano come hanno abbracciato questo cambiamento?
L’hanno percepito come un’evoluzione naturale del mio modo di essere, proprio perché è sempre stato lento e costante, rispettoso e non giudicante. Sono stata definita ‘l’attivista silenziosa’ ed è una definizione che mi piace tantissimo e che penso mi rappresenti appieno. Non amo gli slogan e gli approcci aggressivi, non è un genere di comunicazione che mi appartiene. Io preferisco raccontare il mio stile di vita senza etichettarlo ma mostrandolo come normale, senza dare valore a ciò che ‘non faccio più’, ‘non mangio più’, ‘non compro più’ ma a quello che faccio, che riempie le mie giornate, e che per me è diventato consuetudine.
Come si porta questo approccio in cucina?
Più il mio stile di vita cambiava e più mi rendevo conto che mai come in cucina si può fare davvero la differenza. La scelta del cibo che mangiamo tre volte al giorno, ogni singolo giorno, mese, anno della nostra vita equivale ad una scelta politica. L’industria alimentare è tra i settori più impattanti a livello mondiale, ha ripercussioni sia a livello ambientale sia a livello sociale. La scelta dei cibi che mangiamo, dei produttori da cui li acquistiamo, del modo in cui li cuciniamo, li conserviamo e li utilizziamo, ha un impatto grandissimo sul pianeta. Di conseguenza le mie ricette si sono trasformate, inizialmente è sparita la carne, poi anche il pesce e adesso sono principalmente a base vegetale anche se non le definisco mai ‘vegetariane’ o ‘vegane’ proprio per evitare etichette e pregiudizi. Le mie ricette sono per tutti, sono ciò che io mangio quotidianamente, sono semplici, con ingredienti di stagione (credo di essere riuscita a far amare e conoscere i cardi a migliaia di persone!).
Non c’è bisogno di molto per cucinare ricette buone, che facciano bene a noi e anche al pianeta. Bisogna cercare di tornare all’Essenziale, ai sapori autentici e agli equilibri di una volta, ma avendo i piedi ben piantati nel presente e con gli occhi che guardano al futuro, perché la soluzione per un mondo migliore, non è tornare al passato, ma prendere ispirazione e lavorare con le tecnologie e le conoscenze di oggi per creare un futuro che possa sfamare miliardi di persone.
E infatti hai chiamato il tuo primo libro proprio “Cucina Essenziale”, un progetto che è più di un libro di ricette, possiamo considerarlo il tuo manifesto?
Sì, infatti all’interno ho inserito anche il ‘Manifesto della cucina essenziale’. Quando ho iniziato a scrivere il libro, non volevo che fosse solo una raccolta di ricette, per quello c’è già il sito e il profilo Instagram [@thebluebirdkitchen, ndr], volevo cercare di dare un valore aggiunto, di raccontare il mio pensiero, il mio modo di vedere la cucina e il perché delle mie scelte. Come ho detto per me il cucinare è un atto politico e come tale aveva bisogno di spazio per essere raccontato. Spero di esserci riuscita.
Cosa vuoi raccontare nelle tue ricette?
Chi sono. Sono sempre stata una persona molto introversa, taciturna, un po’ solitaria. Ho sempre avuto le idee poco chiare un po’ in tutto, cambiato strada tante volte, lasciato a metà molte cose. L’unica costante che però ho avuto, è stata la cucina, il cucinare. Ovunque fossi, qualunque cosa stessi facendo, la cucina era presente. Credo sia il modo più naturale che ho per comunicare, raccontare, essere.
Parli tutti i giorni a più di 70mila persone ma nella tua bio non c’è la parola ‘sostenibilità’, cosa vuoi trasmettere a chi ti segue?
Non voglio essere vista come ‘la prima della classe’, la maestrina che deve insegnare e giudica chi non fa come lei. Io in primis so di non essere sostenibile, ho ancora molto da migliorare, da crescere, da evolvermi. Ho uno stile di vita indubbiamente più consapevole rispetto a molte altre persone, ma non voglio mettermi dall’altra parte della cattedra, voglio essere la vicina di banco da cui copiare durante la verifica, che ti passa i bigliettini con la risposta che pensa sia corretta, ma che può sbagliare e che ha ancora tanto da imparare.
Hai rivoluzionato la tua vita un pezzetto dopo l’altro, ora l’ultima novità: hai costruito il Nido, lo spazio che sarà il tuo studio e non solo. Ce lo racconti?
Sentivo di avere bisogno di uno spazio dedicato al mio lavoro, di dividere anche fisicamente questi aspetti della mia vita e dare una casa fisica al mio progetto ‘The Bluebird Kitchen’. Ecco perché, insieme a Studio Tropicana, due giovani architetti con base a Basilea, abbiamo lavorato al progetto di ristrutturare un vecchio fienile in disuso appartenuto alla famiglia di mio marito. Finalmente i lavori sono quasi finiti e non vedo l’ora di poter scrivere nuove pagine di storia per questo spazio costruito più di un secolo fa.
Come vi siete approcciati alla ristrutturazione?
Abbiamo cercato di mantenere fede agli spazi originali, la parete di mattoni in primis che è un po’ la carta d’identità di quello spazio. Abbiamo poi inserito degli elementi moderni che lo rendessero più pratico ma senza essere preponderanti e, dove possibile, abbiamo cercato di usare materiali poveri, come per il soffitto, dove abbiamo usato dei pannelli di OSB verniciati, invece di un legno più pregiato, o nell’arredamento che sarà molto essenziale e per la maggior parte, di seconda mano e vintage.
Hai un consiglio per chi si vuole approcciare a uno stile di vita più consapevole?
Mettete in discussione ogni aspetto della vostra vita, il ‘si è sempre fatto così’ non è detto che vada bene. Senza questo, non c’è evoluzione, non c’è crescita, sia in noi stessi, che nel mondo. Non ambite alla perfezione, perché la perfezione non esiste, un passo per volta cercate di costruirvi la vostra personale normalità, più siamo, e più questa normalità diventerà condivisa.
Sul sito di Francesca c'è anche una sezione Shop, con una selezione di prodotti di brand indipendenti europei per abbracciare uno stile di vita più consapevole: prodotti plastic free, realizzati con materiali naturali o di recupero e nel rispetto dell’ambiente e delle persone, con un’estetica senza tempo e dal tocco nordico.