Dopo gli studi artistici, nel 2000 Alessandra consegue il Master in Industrial Design alla Domus Academy di Milano. Poi un’esperienza di studio-lavoro in Giappone (che ha nel cuore), il rientro in Italia e l’avvio di una carriera alla ricerca della bellezza...
La natura è di ispirazione per tanti suoi progetti. Perché? «Per me rappresenta gli anni dell’infanzia trascorsi sulle colline del Monferrato d’estate. I miei nonni sono originari di lì. Anni di esplorazione, di giochi all’aria aperta, di nuove scoperte. Durante il processo creativo, la natura è presente con i ricordi, o a volte è solo immaginata, uno spazio nella fantasia che mi fa provare ancora stupore e meraviglia».
Lei è un’appassionata lettrice. Molti suoi oggetti sembrano voler raccontare una storia... «Mi appassionano i racconti popolari e le fiabe classiche in cui ogni elemento è un simbolo, dove l’irrazionale e
la magia coesistono con il quotidiano. Di certo qualcosa si trasferisce nei miei progetti».
Da designer milanese cresciuta e formatasi nel capoluogo meneghino, quali sono i suoi luoghi del design del cuore? «La Fondazione Castiglioni, le Case Museo e la Triennale. Luoghi dove è bello tornare».
Ora tre nomi: un/a designer del passato che avrebbe voluto conoscere, un/a collega di cui apprezza il lavoro e un/a giovane da tenere d’occhio. «Nanda Vigo per il suo essere fuori dal tempo, superando i confini tra discipline; Francesca Lanzavecchia perché sa trattare temi delicati come la disabilità o il rapporto con il corpo in modo al tempo stesso poetico e pragmatico; Federica Breedveld Bortolozzo, che si concentra su istanze davvero attuali come sostenibilità e giustizia sociale».
Il prossimo progetto? «A settembre presenterò una collezione di lampade con Multiforme. I fiori disegnati si ispirano a quelli parlanti di ‘Alice nel paese delle meraviglie’ ma non cantano: si illuminano appena inseriti nel loro vaso».