Älmhult, Democratic Design Days, giugno 2017. Marcus Engman, responsabile del Design Ikea, annuncia l’apertura dei ‘lavori’ che racconteranno in anteprima strategie, nuovi prodotti, e collaborazioni per il 2018 (qui potete vedere il video dell'intero intervento). «Siamo ‘in the middle of nowhere’» esordisce Marcus, nel mezzo del nulla, ed è proprio vero. Ma è qui che tutto nasce, qui c’è il primo negozio Ikea, l’Ikea Museum e persino un Ikea Hotel. Un’esperienza unica. E l’opportunità di un incontro-intervista con una persona straordinaria, Evamaria Rönnegård, che è a capo e coordina il lavoro di tutti i designer Ikea.
D. Volete portare le persone da Ikea non per i prezzi bassi ma in cerca di un’ispirazione di stile, è già così o state lavorando per arrivare a questo?
R. Ogni mercato è a sé stante, l’Italia è più simile alla Svezia in questo, perché Ikea è presente da tanto tempo. L’Italia è un paese con la tradizione del design, ma ci sono anche molte persone che non hanno grandi capacità di spesa. Il nostro compito è rendere accessibile il design. Io quindi cerco di incoraggiare il team di designer a realizzare pezzi di qualità ma con costi democratici. Possiamo farcela.
D. Quanti designer lavorano per Ikea?
R. 12 sono assunti a tempo pieno internamente all’azienda, 4 con contratti a progetto. Ma forse non tutti sanno che ogni anno mettiamo sul mercato 2000 nuovi pezzi... Abbiamo quindi altri 80 collaboratori esterni. I designer con cui lavoriamo non sono tutti svedesi, ovviamente, ma anche italiani, polacchi, giapponesi, spagnoli… abbiamo un pool davvero internazionale. I 16 designer interni lavorano e vivono a Älmhult o nelle vicinanze, ‘nel mezzo del nulla’, come dice Marcus... Anche io vivo qui. Si sta benissimo. Certo, è una scelta di vita, ma è una vita che ci piace...
D. Prima di coordinare il team di designer eri responsabile dello sviluppo del prodotto.
R. Sì, il ‘product developer’ è quello che ha l’idea, è vicino al cliente finale e ne conosce le esigenze. Il designer, invece, sa trasformare l’idea in prodotto. È la magia tra i due ambiti che dà vita ai prodotti Ikea. E il mio percorso è assolutamente coerente, conosco così l’intero processo creativo
D. Come riconoscete un nuovo trend?
R. I ‘mega trend’ sono collegati al lifestyle a 360°. C’è un team di ricerca che ci aiuta osservando cosa cambia nella vita delle persone, a questo servono le interviste, ma ci sono anche le visite nelle case vere.
D. E come scegliete le case da visitare?
R. Devono rappresentare tutte le casistiche. Il principale cliente Ikea vive da solo o in famiglia, ma si può vivere da soli sia da giovani che in età avanzata, quindi dobbiamo cercare di capire le esigenze di tutti per trasformarle in prodotti. Selezioniamo in base al reddito, se vivono in città o fuori, se hanno o meno bambini... Si incontrano le persone per capirne i veri bisogni. Questi input arrivano al ‘product developer’ che passa le idee ai designer. C’è un team specializzato che lavora solo su questo, come abbiamo specialisti che lavorano solo sui colori (in vari ambiti, fino al fashion). Il requisito di base? Essere curiosi! Chiediamo ai nostri designer di viaggiare, di osservare, fare esperienze e collegamenti.
D. Anche noi di CasaFacile siamo così. Quando scriviamo di qualcosa cerchiamo di immaginare quello che avviene nella vita reale, facendoci domande e pensando alle nostre esperienze. Senza farci coinvolgere troppo dalle mode.
R. Certamente, il Democratic Design è proprio la testimonianza che non sono solo le ‘forme’ del design ad essere importanti, ma la sostanza, la funzionalità e la sostenibilità, il tutto deve rispondere a dei bisogni.
D. Qual è per te il valore più importante oggi?
R. Da una prospettiva italiana capisco che lo stile e la qualità dovrebbero essere al primo posto, ma per me la cosa più importante è la sostenibilità. Quando si lavora con numeri così grandi si hanno delle responsabilità. E la fantastica opportunità di fare davvero la differenza. Tra i miei progetti preferiti del momento, infatti, c’è la sedia Odger (vedi foto a destra): è ipersostenibile e si assembla con un paio di click! Poi c’è la nuova cucina nera Kungsbacka. Non mostra subito la sua particolarità ma le sue ante opache sono realizzate interamente in materiale riciclato. In ogni anta ci sono 25 bottiglie di plastica! Producendo questa cucina risparmiamo 10 milioni di litri di petrolio (materiale di base della plastica). Sono esempi importanti per capire la responsabilità di Ikea.
D. C’è un momento in cui capite che un prodotto avrà successo?
R. Sì. Mentre sviluppi un prodotto capita di avere una strana sensazione allo stomaco (!) e ti rendi conto che stai realizzando qualcosa di speciale. Ma quando lo si mette in vendita ci vuole tempo perché i numeri ti diano ragione: Billy non è stato un best seller fin dal primo giorno, ci vuole tempo. La richiesta più difficile che possiamo fare ai designer è di creare un nuovo prodotto che sostituisca un best seller. Quindi, sì, posso sentire che stiamo facendo un buon prodotto, ma per averne la certezza dovrò pazientare almeno uno o due anni!
D. Creare prodotti che vengano venduti in tutto il mondo è difficile, come fate?
R. Quando studiamo le case della gente cerchiamo di notare cosa c’è di simile, cosa puoi trovare in Giappone come a Roma. È il punto di partenza. Tazze, sedie, tavoli, armadi, mobili contenitori, sono per la maggior parte gli stessi in tutto il mondo… In alcune aree devi però realizzare prodotti ad hoc. Ad esempio i materassi: la cultura del dormire è davvero diversa. In Italia i materassi sono più rigidi, da noi in Svezia sono molto morbidi. È un fattore culturale, dobbiamo prenderne atto e differenziare i nostri prodotti.
D. Come si diventa designer Ikea?
R. I nostri designer sono laureati nei diversi campi del design. Collaboriamo con le università di tutto il mondo (c’è anche il Politecnico di Milano!) e ogni anno abbiamo 6 studenti che stanno con noi per 5 mesi (3 in primavera e 3 in autunno). Ogni tanto sviluppiamo anche progetti con le facoltà coinvolgendo gli studenti nella creazione di nuovi prodotti. Sono queste le occasioni in cui facciamo scouting! E non è raro che qualche stagista resti con noi...
«I valori del design democratico? Belle forme, funzionalità, qualità, durata e sostenibilità... ma soprattutto accessibilità»