Attenzione: editoriale ad alto rischio di commozione e lacrime. E no, questa volta non l’ho scritto io...!
Se mia madre e la casa, in cui vivo da 26 anni, fossero figurine di carta, come quelle delle bambole a cui cambiavo gli abiti da bambina, sarebbero sovrapponibili punto a punto, tanto l’immagine dell’una coincide con quella dell’altra.
Se la casa potesse volare e, in uno dei suoi viaggi, si trovasse vicino a un lago e decidesse di specchiarvisi, troverebbe riflessa l’immagine gentile e amorevole di mia madre.
So che da entrambe dovrò separarmi un giorno, ma ogni volta che mi guardo allo specchio, cerco una traccia della mia somiglianza all’una e all’altra perché, è innegabile, sono figlia di entrambe.
Se l’ovale del mio volto è ritagliato con precisione da quello di mia madre, allora forse anche sulle mie gote, nelle linee ai lati degli occhi o nel disegno delle labbra, posso scorgere il profilo della credenza blu in stile provenzale, che dimora in soggiorno. O alcuni petali della fantasia floreale del piumone danese, nella camera padronale. La curva dell’occhio, allora, riprenderebbe le volute della testiera del letto in stile gustaviano e, nella fronte aggrottata, rivedrei l’intreccio della paglia di Vienna della panca Thonet.
Vivo la mia casa come vivo la mia mamma: ammirando l’armonia con cui si dispone ogni mattina nei confronti di un nuovo giorno.
Vivo la mia casa come vivo la mia mamma: abbandonandomi alla morbidezza delle sue carezze, inamidate come le stoffe che rivestono la bergère bianco panna e il divano in stile inglese. Al passaggio della sua voce, anche la casa risponde, spalancando la tenda in toile de Jouy, che divide la cucina, e facendo risuonare note fragranti sulla betulla delle credenze, attraverso il ciliegio del comò.
Vivo la mia casa come vivo la mia mamma: ricambiando il suo solletico, simpatico al tatto come il Biscuit bianco delle porcellane, scherzoso come le trame dei canovacci ereditati dalla nonna.
Vivo la mia casa come vivo la mia mamma: specchiandomi nella luce dei suoi occhi, vivace come l’argento della zuccheriera.
Vivo la mia casa come vivo la mia mamma: giocando coi ricci dei suoi capelli, irriverenti come le volute dell’attaccapanni che ti salutano all’ingresso.
Vivo la mia casa come vivo la mia mamma: confidando ogni sera, alle pieghe della trapunta, quanto mi senta fortunata a esserne circondata. (Bernadette Piccolo)
Non tutti possono dire le stesse parole di Bernadette - il rapporto con la propria madre non è sempre altrettanto felice - ma una cosa è certa: nel tempo, proprio attraverso le case che abitiamo, è possibile trovare quell’assoluto di amore e accoglienza nel quale solo possiamo essere umani. E così anch’io, come Bernadette, ogni sera confido alle pieghe del piumone, alle travi del soffitto, al parquet che cigola sotto passi affettuosi, quanto mi senta fortunata a esserne circondata.
Francesca Magni [Direttore]