Quando Giorgia, la nostra art director, mi ha proposto la foto che vedete in copertina, ero nel mezzo di un pomeriggio di lacrime di mia figlia. «La mia vita non ha più senso», diceva con gli occhi che zampillavano e l’inclinazione al dramma tipica dell’età. Ridare slancio a una 17enne privata di ogni relazione con i coetanei per più di un anno, nel pieno della voglia di fare e di scoprire, è come guardare quello che è accaduto ai glicini in questa primavera glaciale: le foglie gialle, le pigne viola rattrappite e timide. La sensazione in entrambi i casi è di bellezza perduta. L’energia della fioritura congelata.
Per consolarla avevo schierato tutto l’armamentario del buon senso: le generazioni che hanno vissuto la guerra, la necessità di trovare energie dentro di sé, amministrare il tempo dandosi degli stacchi, cercare piacere nelle piccole cose... Argomenti che lei aveva spazzato via con un secco «Dove trovo le energie se non posso fare progetti?». Ci ho pensato un attimo – la domanda me la sono posta anch’io tante volte in questi mesi – poi ho azzardato una metafora botanica: è come per i bulbi!
Il bulbo, una volta sfiorito, ha delle insignificanti foglie verdi che però non vanno tolte: gli permettono di accumulare l’energia che l’anno successivo lo farà rifiorire. «Questo stop forzato ti lascerà qualcosa di speciale che germoglierà, a cominciare dalla cura nuova che hai imparato ad avere per la tua stanza...», le ho detto, e mentre le asciugavo le lacrime, è arrivata la proposta di Giorgia: se mettessimo questa foto in copertina?
C’è tutto in quella foto. Alzarsi la mattina senza uscire dalla camera, la scuola o il lavoro che ci raggiungono attraverso un video, occupano angoli che erano solo nostri. C’è il disagio di ognuno di noi, quale che sia la sua età, c’è il rifugiarsi nella casa che dà conforto ma se diventa l’unico paesaggio ci fa sentire costretti, c’è la musica, un cane, passione e tenerezza che ridanno fiducia. E ci sono deliziosi dettagli di stile... Allora ho gridato «Sì, ci scriviamo Forza ragazzi!» (le scritte in copertina non a caso si chiamano strilli...). Adesso, in questo maggio di lento ritorno alla vita, quella foto dice proprio come ci sentiamo.
Ormai lo sapete: parliamo di case e parliamo di noi.