«Il bello dei sogni è che qualche volta si avverano». La Contessa Lene Thun lo sapeva bene, per questo amava ripeterlo spesso agli affetti più cari. Dal suo, di sogno, coltivato con il marito Otmar nello scantinato preso in affitto nel castello di Klebenstein, a Bolzano, nacque quel magico micromondo che oggi appartiene un po’ alla storia di tutti noi: Thun.
Sono gli Anni ’50. Nell’oscurità della cantina, giorno e notte Lene e Otmar lavorano con passione ai primi manufatti in ceramica: non hanno neanche una vetrina dove esporli, così Otmar ne improvvisa una nella cassetta della posta vicino al cancello. In quel piccolo spazio sistema un biglietto da visita e gli angeli laudanti che diventeranno l’icona del loro marchio e uno dei simboli del nostro Natale, al pari dell’abete o dei Re Magi. Ma loro due, ancora, non potevano saperlo...
Dal ventre molle dei corpi d’argilla, le dita sbozzano creazioni ispirate all’artigianato altoatesino e ai suoi elementi naturali, come un fiore, un tronco d’albero, ma anche all’arte romanica e gotica che la Contessa Lene scopre negli altari delle chiesette di campagna, durante le sue gite fuori porta.
Al rientro, siede fino a notte fonda al tavolo da lavoro invaso di pennelli e arnesi appuntiti; a fianco c’è sempre qualche cesto ricolmo d’argilla. È lì che affonda la mano, smuove la materia; poi assembla e liscia, ritocca e affina. Pian piano i dettagli emergono, affiorano come sabbia dall’acqua. Negli anni, a bordo della sua vecchia Renault, trasporterà tonnellate di argilla. Lavorerà sodo, fino al calar della sera, dimenticandosi spesso di accendere la luce. E darà corpo, identità e forza a quelle forme tondeggianti che fanno parte della storia di tutti noi. «Le idee abbandonano quelli che smettono d’interessarsi al mondo intorno a loro», usava dire la Contessa.