La ricerca ha portato alla sperimentazione di materie prime realizzate da alghe, funghi, licheni e microbi e a un nuovo modo di impiegare come risorsa i rifiuti, organici e non.
Dall’edilizia all’architettura di interni, questi nuovi materiali propongono una via sostenibile e nuova. Ad affiancare i designer oggi ci sono biologi e ingegneri: la prestigiosa università Central Saint Martins di Londra ha inaugurato un corso di laurea in Biodesign e tra i progetti presentati alla Design Week milanese nel distretto Isola spiccano le coperture edilizie di biolicheni, che assorbono e riducono l’inquinamento, e i funghi capaci di accelerare la degradazione dei mozziconi di sigaretta (in Italia ogni anno 14 miliardi di mozziconi di sigarette vengono dispersi nell’ambiente, segnala Marevivo).
Non solo microorganismi ma anche biomateriali creati da scarti come la luffa, ricavata dall’interno delle zucche e tessuta per ricavare un materiale resistente e flessibile adatto anche a sedute [Dorian Étienne& Cordélia Faure]; una pasta lignea plasmabile e auto-indurente ricavata dai gusci della frutta secca [Keep Life®]; ceneri pesanti, residui della combustione dei rifiuti, fondi di caffè e scarti di cibo e agricoli come Vérabuccia, innovativo processo produttivo che crea un materiale 100% vegetale dal recupero della scorza della frutta: Ananasse è una sorta di pelle vegetale che può essere cucita e tinta, nata dagli scarti della lavorazione dell’ananas.
Sostenibilità ed economia circolare per il progetto olandese Cooloo, che riduce due volte gli sprechi: dal recupero degli scarti di lavorazione di vari materiali (marmo, pelle, denim, sughero, cemento...) si crea un materiale spray da spruzzare su strutture e vecchi arredi rovinati, per dare loro nuova vita. Insomma, si respira un’aria ottimistica di grande fiducia nella ricerca, allo scopo di trovare una nuova via più sostenibile alla nostra quotidianità.